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Cervicalgia

Il termine CERVICALGIA indica un dolore generico al collo. Può essere definito come “cronico” nel momento in cui abbia una durata superiore ai 3 mesi, in caso contrario può essere descritto in vari modi, quali nocicettivo (in seguito a traumi o interventi chirurgici), neuropatico (con interessamento del sistema neurale centrale o periferico), misto o psicogeno (definizione della IASP, International Association for the Study of Pain). Nella maggior parte dei casi inoltre i dolori al collo sono accompagnati da una serie di reazioni difensive o segni comparabili strettamente legati alla causa del dolore stesso, come per esempio contrattura muscolare (e quindi rigidità), vertigini, mal di testa e reazioni vegetative come sudorazione, nausea, tachicardia ed ansia (tutte reazioni tipiche del sistema vegetativo).

EPIDEMIOLOGIA

Nel mondo occidentale, il dolore al collo è uno dei disturbi muscolo-scheletrici più diffusi in assoluto, il 50% della popolazione adulta ha avuto almeno un episodio di cervicalgia negli ultimi 6 mesi . Questa situazione è legata in buona misura alla sedentarietà, a compiti lavorativi ripetitivi o a posture mantenute per molte ore al giorno. Basti pensare all’aumento crescente dell’utilizzo di cellulari (dotati di schermi piccoli che favoriscono una anteposizione del capo), tablet e computer, elementi molto importanti da prendere in considerazione nello sviluppo di TRIGGER POINT(“entità muscolari dalle caratte ristiche precise, definite sinteticamente come: area localizzata estremamente irritabile e dolorosa dalle caratteristiche nodulari in un fascio teso di tessuto muscolare”) dei muscoli cervicali.

Alcune situazioni cliniche inoltre sono semplicemente il frutto delle sempre più frequenti situazioni stressanti che ci troviamo quotidianamente ad affrontare. Se pensiamo ad una giornata particolarmente impegnativa (a lavoro il datore di lavoro mi ha risposto male, la pagella di mio figlio non è per niente rassicurante, ho bucato una gomma dell’automobile tornando dall’ufficio e la cena si è bruciata…) possiamo immaginare che l’insorgere del mal di collo / mal di testa dipenda prevalentemente da un grosso sovraccarico del nostro LIMITATO sistema corporeo.

CAUSE

Oltre alle cause appena citate ricordiamo i seguenti fattori:

  • Colpo di frusta
  • Degenerazione di uno o più dischi intervertebrali
  • Ernia cervicale
  • Alterazioni di tipo posturale
  • Lesioni traumatiche pregresse
  • Osteofiti (speroni ossei: escrescenze ossee localizzate sulla stessa superficie dell’osso)
  • Spondilosi (osteoartrite delle vertebre cervicali)
  • Sport di potenza con sovraccarichi (es. Bodybuilding)

Inoltre, sebbene sembri scontato, anche un materasso troppo morbido oppure un cuscino non adeguato (o addirittura dormire sul divano) possono aggravare in modo considerevole il dolore cervicale. Similmente, anche una posizione scorretta durante la guida può accentuare questa problematica, specie quando si è costretti a rimanere molte ore al volante come nel caso di tassisti, camionisti, rappresentanti e autisti di bus. Altro elemento a cui prestare attenzione è lo stress, che non solo è in grado di accentuare un dolore cervicale pre-esistente, ma può addirittura esserne la causa. Molte volte, stressati dal lavoro o dalla vita odierna, scarichiamo la nostra tensione assumendo posture scorrette che sfociano in rigidità muscolari ed articolari.

In questo complesso sistema, i fattori citati possono alterare la composizione delle fibre muscolari, l’area della sezione trasversale dei muscoli e l’infiltrazione di tessuto adiposo e connettivale nei muscoli (vedi il prossimo capitolo). Numerose di queste alterazioni devono essere trattate per tempo con gli esercizi attivi, come vedremo in seguito nel capitolo “Trattamento”.

FISIOPATOLOGIA

Composizione delle fibre

Sembra che i muscoli cervicali siano composti da fibre rosse lente di tipo I (slow twitch fibers) che li rendono in grado di svolgere lavori di lunga durata. I pazienti con dolore cervicale mostrano una trasformazione delle fibre lente in fibre di tipo II, meno adatte alla resistenza.

Cambiamenti biochimici

Nel trapezio superiore, in pazienti con cervicalgia sono stati individuati un aumento della serotonina, del glutammato ecc.., e un numero ridotto di capillari per area di fibre. Questo comporta una persistenza all’interno del muscolo dei mediatori del dolore, che mantengono/facilitano il dolore.

Area di sezione trasversa

L’area di sezione trasversa mostra reperti incostanti nei pazienti rispetto alle pe rsone sane. È dunque considerata variabile e senza risultato rispetto all’importanza per la cervicalgia.

Infiltrazione di tessuto adiposo

L’infiltrazione dei muscoli cervicali, soprattutto quelli profondi con tessuto adiposo e connettivale, aumenta significativamente nei pazienti rispetto alle persone sane. Tra le cause ricordiamo inattività generale, trauma delle articolazioni zigapofisarie, coinvolgimento del sistema nervoso simpatico o adattamento funzionale in risposta ad un’attività alterata in altri m uscoli.

SINTOMATOLOGIA

  • Le sintomatologie possono avere anche distribuzione a distanza:
  • disturbi cervicobrachiali (dolori che si irradiano dal collo, alla spalla, al braccio fino alla mano); molte volte può comparire un dolore distale (alle dita per esempio) senza che sia presente un dolore al collo, non per questo dobbiamo escludere un problema cervicale;
  • formicolii e/o insensibilità alle dita delle mani;
  • paresi e paralisi (mancanza della forza specie di prensione delle dita della mano);
  • la sindrome miofasciale reattiva di uno o entrambi i muscoli trapezi superiori.

Tali disturbi in più si arricchiscono di molteplici sintomi neurovegetativi:

  • annebbiamento della vista o luccichii agli occhi;
  • disturbi uditivi come ipoacusia, o ronzii, fischi (ACUFENI) o la sensazione di orecchio tappato;
  • nausea e vomito;
  • mal di testa, giramenti di testa. Le vertigini possono sfociare in una sindrome vertiginosa anche di rilevante entità.

Il cosiddetto “torcicollo” è il sintomo che accomuna la maggior parte delle forme di cervicalgia. Si tratta di una fastidiosa e dolorosa condizione che ostacola i naturali movimenti del tratto cervicale. Oltre ad essere chiaramente soggettiva, l’intensità con cui viene percepita la cervicalgia dipende dalla causa che l’ha originata. Ad esempio, il dolore cervicale dipendente da un colpo di frusta sarà molto più intenso e penetrante rispetto a quello derivato dall’assunzione di una postura scorretta.
Tali sintomi sono responsabili del peregrinare del paziente da vari specialisti quali l’otorinolaringoiatra per gli acufeni, e le vertigini; il neurologo per la cefalea, l’ansia e le stesse vertigini; l’oculista per i fosfeni e disturbi visivi di varia natura e l’inter nista o il gastroenterologo per la nausea, il vomito, il nodo alla gola e i disturbi della deglutizione; in ultima analisi si può arrivare a richiedere la consulenza dello psichiatra per l’ingravescente componente psicologicoaffettiva che una “semplice” cervicalgia può favorire.

DIAGNOSTICA CLINICA E STRUMENTALE

Si raccomanda di rivolgersi immediatamente al medico in caso di sintomo CONTINUO, che non si attenua in nessuna posizione, perdita di forza o di sensibilità degli arti inferiori e delle mani.

Il dolore persistente a livello cervicale richiede un’adeguata indagine investigativa. La cervicalgia può infatti nascondere differenti cause d’origine, che devono pertanto essere diagnosticate mediante svariati test:

  • Anamnesi, osservazione e palpazione medica molto importante considerare la storia della cervicalgia, da quanto è presente, come è insorta (in seguito a traumi o in modo spontaneo), qual è il comportamento del sintomo nelle 24 ore della giornata, ecc…
  • Radiografia (Raggi X) del rachide cervicale utile soprattutto in caso di trauma per escludere condizioni gravi come una frattura
  • MRI (Magnetic Resonance Imaging)
  • Elettromiografia (individua eventuali anomalie della radice nervosa).

Abbiamo capito che esistono numerose situazioni anatomiche che possono predisporre al dolore. Tuttavia è molto importante chiarire che non c’è alcuna corrispondenza tra entità dell’eventuale patologia e quantità di dolore; vale a dire che ernie grandi e canali stretti non necessariamente si accompagnano a dolore. Al contrario una schiena in ordine (con RM senza segni) può fare anche molto male.

TRATTAMENTO

Per curare la cervicalgia è necessario intervenire sulla causa che ha scatenato il dolore. Gli approcci terapeutici a disposizione sono svariati:

APROCCIO FARMACOLOGICO: ha possibilità e limiti ben definiti. Di norma vengono somministrati antiflogistici, analgesici, miorilassanti e tranquillanti al fine di ridurre la sintomatologia dolorosa, di ottenere un effetto miorilassante e di sedare l’ansia che inevitabilmente accompagna il decorso della malattia cervicale. Va fatto uso di farmaci soltanto nella fase acuta e, comunque, per brevi periodi di tempo in quanto provvisti di effetti collaterali n on trascurabili se ne si eccede.

TERAPIA MANUALE: attraverso l’uso dellla manipolazione vertebrale, la mobilizzazione articolare e molte altre
tecniche di terapia manuale o la massoterapia siamo in grado di agire sul comparto articolare e di produrre svariati effetti a livello muscolare. Tramite una azione “diretta” (quindi meccanica) influenziamo le strutture sottostanti alle zone trattate e cioè i vasi sanguigni, i muscoli, le terminazioni nervose e, naturalmente, la cute e i relativi annessi. In secondo luogo produciamo un effetto “indiretto”, una serie di reazione neurofisiologiche con cui è possibile ridurre l’edema, eliminare una contrattura, permettendo al paziente di sentire sollievo e riuscire immediatamente a muovere meglio il collo.
Le tecniche applicate provengono da più di venti scuole diverse ordinate dall’indispensabile ragionamento clinico. Ogni problematica cervicale va prima di tutto valutata attentamente, per non ricadere in una pratica terapeutica ripetitiva e dunque poco scientifica. E’ sempre necessario riconoscere il trattamento più adeguato per il tipo di problema che abbiamo di fronte, in caso contrario il successo terapeutico è poco probabile.

ESERCIZIO TERAPEUTICO E RIEDUCAZIONE POSTURALE: specifici esercizi di rinforzo del collo, delle spalle e del complesso scapolotoracico rappresentano un utile strumento all’interno del percorso riabilitativo di una problematica cervicale. Sono sempre maggiori le evidenze scientifiche a livello internazionale che indicano “l’esercizio terapeutico” come strada maestra per produrre un risultato della terapia a lungo termine. Questo senza dubbio richiede aderenza al programma riabilitativo da parte del paziente, in quanto lo sviluppo muscolare e la modificazione di una struttura del corpo come il muscolo richiede tempo, molto impegno e costanza (spesso vengono lasciati alcuni esercizi specifici da eseguire a casa al paziente).

È molto frequente riscontare uno schema respiratorio scorretto, con una prevalenza della respirazione toracica su quella diaframmatica. Questo elemento favorisce l’insorgere di contratture muscolari e la cosiddetta “sindrome dello stretto toracico” (quadro patologico da compressione neurovascolare a carico del plesso brachiale che innerva gli arti superiori).
Un ruolo importante in queste situazioni lo riveste sicuramente anche la consapevolezza del proprio corpo. Può essere utile allenare il proprio sistema corporeo ad affrontare maggiori stress senza incorrere in atteggiamenti compensativi errati. È utile un percorso di coscientizzazione, che un gruppo di ginnastica posturale, pilates, yoga o altre metodiche favoriscono, rendendo il paziente più capace ed autonomo nella gestione del proprio corpo in relazione ad attività lavorative, ludiche e sociali.

EDUCAZIONE: spesso ci si deve cautelare dall’abbondante squilibrio del sistema simpatico con una presa in gestione molto mirata. Succede quindi che il disagio, l’ansia e le aspettative portino il paziente a stati agitativi che vanno limitati da un’ottima informazione, la giusta razionalizzazione dei disturbi, la possibilità di indovinare il reinserimento sociale per abbassare in modo sostanziale lo stress. In caso contrario si assiste di frequente all’aumento di cortisolo che contrasta la produzione di melatonina disturbando il sonno ed aumentando ulteriormente il livello di stress (facile da esacerbare in persone soggette ad ansia, capacità cognitive ed educative non ottimali) per formare un circolo vizioso che si autoalimenta. La corretta gestione del paziente deve intervenire anche in rapporto a questo fenomeno per riuscire a trasformarlo in un circolo virtuoso in cui la riduzione di stress possa facilitare il recupero fisiologico.

Molto importante l’ERGONOMIA, dunque un’educazione alla posizione seduta corretta o all’utilizzo di un leggio per ragazzini che passano le loro giornata sui libri scolastici.

TERAPIE FISICHE: la TECAR-terapia ha enormi capacità bio-fisiche e, nel caso se ne rilevasse l’utilità, la si può utilizzare per ottenere una vasodilatazione profonda, che fa seguito all’elevazione termica. Questa facilita la rimozione dei cataboliti e fa pervenire nei tessuti sostanze nutritizie ed ossigeno; in tal modo la TECAR migliora il trofismo dei tessuti, agevola la riparazione dei danni biologici ed accelera la risoluzione dei processi infiammatori.

GESTIRE DOLORE ED EMOZIONI: anni di ricerche hanno dimostrato che, per tutte le patologie umane, ma per il dolore alla colonna vertebrale in particolare, la sua entità dipende molto dallo stato d’animo con cui viene affrontato. Un interessante studio ha evidenziato che è possibile suddividere grossolanamente i pazienti che soffrono di mal di schiena, e con esso si intende compreso anche il tratto lombare, in due grosse categorie: quelli che GESTISCONO il dolore e quelli che lo SUBISCONO. Le strategie per “convertire” un atteggiamento in uno più conveniente sono tra le capacità del fisioterapista esperto.

I pazienti che subiscono il dolore:

  • Sono preoccupati per il futuro perché pensano che il dolore non passerà più;
  • Cercano di riposarsi a lungo sperando che il dolore passi;
  • Si fidano solo dei farmaci;
  • Non mantengono un’attività fisica compatibile con il dolore;

I pazienti che gestiscono il dolore, invece:

  • Sono convinti che il dolore, anche se forte, passerà;
  • Mantengono un’attività fisica compatibile con il dolore e se possono non smettono di lavorare.
  • Non si deprimono nei giorni peggiori;

Non è semplice mantenere la calma soprattutto per chi poco predisposto però bisogna ricordare che la variabilità del dolore è un comportamento classico del mal di schiena per cui anche se momentaneamente aumenta non significa che la situazione sia peggiore

CONCLUSIONI

Il punto cruciale è che bisogna evitare che il dolore cervicale cronicizzi. La prevenzione delle recidive è possibile grazie ad una buona educazione funzionale della zona cervicale che si può ottenere con un numero relativamente ridotto di sedute di ginnastica mirata alla corretta impostazione posturale ed ergonomica della colonna vertebrale.

Una volta appresa la tecnica insegnata da rieducatori esperti, il paziente acquisirà da sé la capacità di mantenere posizioni corrette, sollevare correttamente i pesi ed in generale gestire opportunamente la propria postura e tono muscolare (attraverso una maggiore consapevolezza del proprio corpo). Il dolore al collo però può cronicizzare non solo per un susseguirsi di episodi acuti sempre più ravvicinati nel tempo; ma anche perché – magari dopo un episodio acuto particolarmente intenso – non si riesce più a venirne fuori: vuoi per motivi fisici, legati al dolore, ma anche per cause psicologiche legate alla percezione del dolore stesso (spesso si instaura un meccanismo chiamato chinesiofobia, che significa paura del movimento, che rende il modo di muoversi poco fluido e via via sempre più rigido).

La cosa veramente fondamentale da tenere in considerazione, prima di ogni altra regola, è il fatto che solo l’educazione ed un’informazione corretta può rendere sicuro ogni risultato. Questo è un principio che vale in particolar modo per i giovani perché deve passare il messaggio che di colonna ne abbiamo una sola e non è possibile delegare la salute di questa ad un medico. Fin da subito ci si deve abituare a riconoscere i fattori scatenanti il sintomo per la schiena ed usare il dolore per capirne i comportamenti.

Ognuno deve prendersi cura della propria colonna fin dai banchi di scuola.

Dott. Andrea Pagotto
FISIOTERAPIA MULE’

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