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Mal di testa

La maggior parte dei centri italiani delle cefalee non considerano la valutazione del tratto cervicale nella presa in cura di pazienti con cefalee primarie e secondarie nonostante sia stato dimostrato che influenza o provoca il mal di testa 8 volte su 10. Nel corso degli ultimi anni la fisioterapia ha cominciato ad utilizzare al meglio varie soluzioni e possibilità terapeutiche per il mal di testa, capaci di ridurre notevolmente le abitudinarie 1000 pastiglie all’anno di molti pazienti ed invertire o quantomeno scalfire quel pensiero “non guarirò mai” tipico dei pazienti emicranici e cefalgici. Non è il momento di arrendersi, anche se di strade più o meno scientifiche per modificare il sintomo ne avete già provate in grande quantità . Non sarà una passeggiata, esistono molti trabocchetti, mille variabili differenti da prendere in considerazione, non abbattersi al minimo ostacolo e continuare a cercare la terapia su misura per quel tipo di mal di testa od emicrania che sia; la soluzione raramente sarà la bacchetta magica, più probabilmente sarà un lavoro ben studiato.

Questa partita la si gioca in squadra, è fondamentale il ruolo del paziente, elemento attivo nel processo di cura, indispensabile per avere risultati duraturi nel tempo. Come chi va dal dentista non può pretendere di poter mangiare nutella la sera senza lavarsi i denti perché l’otturazione possa aver successo, così anche il paziente con mal di testa deve comportarsi in modo ordinato: non è giusto addormentarsi sul divano con la testa penzolante tutte le sere, non è giusto avere i capelli lunghi raccolti e bagnati (trazione posteriore che agisce sulle vertebre cervicali), non per forza il collo deve sopportare il peso del casco (ed in caso deve allenarsi come qualsiasi altro distretto sottoposto a carichi). Pensiamo poi alle donne a cui passa il mal di testa quando si slacciano la coda di cavallo o a quanto incida l’antepulsione del capo davanti al computer (legata ad un atteggiamento posturale o ad un peggioramento della vista); l’aumento dell’ipercifosi toracica (che costringe all’estensione del segmento cervicale alto, che comprime tutto il giorno il nervo di Arnold, per mantenere lo sguardo orizzontale); pensiamo quanto possa essere importante la posizione di chi allatta o di chi studia per molte ore al giorno; alla rigidità dell’articolazione temporo-mandibolare o alla contrattura dei muscoli masticatori (e scoprire che da 3 mesi, a seguito di un problema odontoiatrico, la persona mastica solamente da un lato); senza dimenticarsi che il mal di testa può essere alimentato da un vecchio problema di spalla ritenuto superfluo (la scapola condivide importanti muscoli con il collo).

”Le ho provate tutte, proviamo anche questa”, è una frase che spesso il fisioterapista si ritrova ad ascoltare in prima battuta con le persone che soffrono di mal di testa da molti anni. La fisioterapia ha l’obiettivo di “prendersi cura” e non “risolvere”, questo poiché dare al paziente gli elementi per capire quale sia la strada di gestione più corretta, che possano divenire parte del proprio bagaglio di vita, è di sicuro la strategia vincente in questo tipo di situazioni (la scienza ad oggi ha fatto passi da gigante ma aiuta ancora fino ad un certo punto).

In prima istanza potrebbe sconfortarvi puntare alla “cura” invece che alla “risoluzione” ma “far sparire il dolore” possono farlo in molti, ogni massaggiatore, psicologo o anestesista, ma chi non passa attraverso la cura non ha speranze di conservare il risultato, motivo per il quale chi ha mal di testa lo conserva per anni o per tutta la vita a suon di “soluzioni”.

Altro aspetto fondamentale è la collaborazione ed il confronto con altri colleghi, medici, neurologi, psicologi, nutrizionisti, con l’obiettivo di portare un vantaggio per il paziente.

LA COMPLESSITÀ DELLA DIAGNOSI MEDICA

Esistono 2 tipologie principali di cefalea, quella PRIMARIA e quella SECONDARIA.

In quella PRIMARIA per definizione il dolore alla testa è la patologia stessa. La medicina sta tuttora considerando differenti ipotesi sull’origine di questo disturbo legato ad una alterazione del sistema nervoso centrale, ma ad oggi non conosciamo il meccanismo specifico che la genera.

Le cafelee SECONDARIE invece possono essere attribuite ad una causa certa non riconducibile ad un problema del sistema nervoso, come per esempio una rigidità cervicale, problematiche dell’articolazione temporo-mandibolare o a patologie più gravi come aneurisma, tumori cerebrali, vasculite e così via.

Sembrerebbe semplice seguire questa classificazione e invece inquadrare questa patologia non è facile come sembra, soprattutto per il fatto che poi esistono cefalee MISTE, con componenti primarie e componenti secondarie (per esempio un’emicrania con componente cervicogenica).

Se decidiamo di seguire il modello medico, è necessario capire a quale tra i 14 tipi diversi di cefalea ci si trova davanti, di cui il 14° è un rassicurante: ”altri disturbi cefalgici” divisibili in “cefalea non classificata altrove” e “cefalea non specificata”. C’è l’imbarazzo della scelta: 6 forme di emicrania (e sottogruppi), poi si passa alla cefalea di tipo tensivo (4 tipi diversi); si prosegue con 5 sottoclassificazioni di “Cefalea a grappolo e altre cefalee autonomico-trigeminali”; 10 forme di “Altre cefalee primarie”;  dopodichè si apre la categoria di cui abbiamo già parlato “cefalee dette secondarie”: post trauma cranico e/o cervicale( 6 tipi); “Cefalea attribuita a disturbi cranici o cervicali” (9 quadri differenti) e arriviamo così “solo” al settimo tipo, “Cefalea attribuita a patologie intracraniche non vascolari”.

Capite bene come ricevere una diagnosi corretta sia tutt’altro che scontato e come spesso sia anche difficile che si riesca a fare una distinzione netta tra un quadro e l’altro.  

In questo processo complesso il neurologo si servirà, per una diagnosi precisa, sul diario delle cefalee (il neurologo e il fisioterapista sono tenuti a fornirlo al paziente per il monitoraggio dei sintomi), che il paziente deve compilare in modo accurato, e su eventuali esami strumentali (risonanza magnetica) per escludere patologie gravi, in caso di sospetto delle stesse.

EPIDEMIOLOGIA

In quanto ad epidemiologia la cefalea è davvero una problematica diffusa tanto quanto la lombalgia ed oramai mi sento di dire che il fisioterapista ha la possibilità e le competenze di trattare la prima con la stessa professionalità con cui gestisce la seconda.

Il mal di testa è un disturbo molto comune, circa il 90% della popolazione ha almeno un episodio di cefalea durante l’arco della vita. Spesso il problema si risolve da solo e non si ripresenta, altre volte è necessario gestirlo in modo più specifico. Il 3% della popolazione infatti soffre di cefalea cronica (>15 gg/mese) e solamente in Veneto l’emicrania causa una perdita di produttività per le aziende di 1,8 miliardi di euro e 2,2 milioni di giorni di assenza dal lavoro in un anno (studio eseguito su 418.000 individui, il 10,2 % della popolazione veneta, indagine effettuata dalla CGIA MESTRE.

Tra i vari tipi di cefalea quella più comune è la cefalea di tipo tensivo, considerata il secondo disturbo più comune nella popolazione mondiale (Global Burden of Disease Study, 2013)

IL DIARIO DELLA CEFALEA

Esistono diversi tipi di diari della cefalee, la cosa fondamentale è che sia chiaro per il paziente come deve essere compilato, motivo per cui è sempre preferibile scegliere un diario non troppo complesso. La compilazione è importante sia per ottenere una diagnosi precisa, come detto in precedenza, sia per valutare il miglior trattamento per il paziente. Se dopo un periodo di trattamenti farmacologici o manuali non abbiamo un cambiamento importante della situazione clinica possiamo modificare il piano terapeutico al fine di ottenere i risultati desiderati, se non addirittura abbiamo la possibilità di cambiare completamente strumento terapeutico. Senza il diario esiste la possibilità che piccoli cambiamenti positivi del sintomo non vengano notati dal paziente, ricordiamo che non ci aspettiamo dei risultati sconvolgenti dopo pochi trattamenti, è pur sempre una problematica che nella maggior parte dei casi dura da molti anni.

I dati principali da raccogliere sono l’intensità, la durata dell’episodio, i farmaci eventualmente presi per tenere a bada il sintomo (specificando anche che effetto ha fatto) ed eventuali note, come per esempio la presenza di sintomi associati (fotofobia, fonofobia…) o la presenza di un mal di testa diverso da quello abituale.

La compilazione del diario deve essere completata per almeno 3 mesi, periodo significativo per valutare l’efficacia o meno nel tempo della terapia proposta dagli specialisti, farmacologica o manuale che sia.

MITI DA SFATARE

Thomas Willis nel 16° secolo propose per primo che l’emicrania potesse essere legata a vasocostrizione/vasodilatazione dei vasi intracranici. Ad oggi questa teoria è stata ampiamente rivista, a favore di teorie più moderne, come quelle citate nel capitolo “La complessità della diagnosi medica”.

Per confermare il fatto che la cefalea non sia sempre provocata da una compente vascolare sono stati fatti negli ultimi anni diversi studi scientifici, che dimostrano come la dilatazione dell’arteria cerebrale media (9%) è troppo ridotta per causare mal di testa e non tutte le emicranie sono accompagnate da dilatazione dell’arteria cerebrale media. La dilatazione dei vasi sanguigni può essere una conseguenza e non la causa del al di testa (hanno iniettato sostanze algogene e hanno visto che produce vasodilatazione).

E allora perché funzionano i triptani? Perché questa classe di farmaci, oltre ad essere dei vasocostrittori, inibiscono anche i neuroni nel tronco cerebrale/nucleo trigemino cervicale, principale responsabile dei sintomi tipici di pazienti con cefalea.

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

La gestione farmacologica, nelle cefalee primarie come per esempio l’emicrania o la cefalea a grappolo, è considerata la prima linea di trattamento. Tuttavia, a causa della frequenza molto alta degli episodi di cefalea, c’è il rischio di un sovra-utilizzo farmacologico. Il farmaco inoltre viene scelto in base al tipo di cefalea che viene diagnosticata al paziente, ogni mal di testa è differente dall’altro e di conseguenza anche la terapia deve essere calibrata sulla problematica. Per questi vari motivi è fondamentale evitare l’autocura ed attenersi scrupolosamente alla prescrizione del medico, al fine di non vanificare l’effetto dei medicinali o contribuire all’insorgenza di eventuali effetti collaterali (ricordiamo l’esistenza della “cefalea da abuso di farmaci”). È fondamentale tenere a mente che il momento in cui viene assunto il farmaco ed il dosaggio sono tanto importanti quanto il tipo di medicinale stesso.

I farmaci più utilizzati per placare il sintomo sono i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), farmaci antalgici come il paracetamolo e, nel caso questi non fossero sufficenti, triptani, medicinali che agiscono su alcuni recettori della serotonina, impedendo la propagazione del dolore.

Ad oggi sono oggetto di studio una classe di farmaci definiti anticorpi monoclonali, che sembra possano agire su quei meccanismi del sistema nervoso centrale collegati all’insorgenza di cefalee come l’emicrania.

Per quanto riguarda la terapia cosiddetta preventiva invece, deve essere assunta quotidianamente e le classi farmacologiche più utilizzate sono farmaci utilizzati comunemente per altri disturbi come per esempio beta-bloccanti, antidepressivi, antiepilettici e calcio-antagonisti. L’obiettivo consiste nel ridurre la frequenza e la gravità di un mal di testa particolarmente severo.

Giusto menzionare anche l’opzione terapeutica tossina botulinica, utile in alcune tipologie specifiche di emicrania. Per quanto riguarda invece i rimedi fitoterapici, vitamine e minerali i dati scientifici sono ancora limitati e non possiamo dunque trarre delle conclusioni rispetto al loro utilizzo.

CHE RUOLO HA IL TRATTO CERVICALE?

In molti pazienti con emicrania il ruolo della colonna cervicale non è quasi mai indagato, nonostante il 70-90% delle persone con emicrania presenti problemi cervicali. In uno studio eseguito nel 2012, il dolore locale e riferito alla testa veniva riprodotto durante la pressione manuale effettuata sull’atlante o su C2 nel 95% dei pazienti con emicrania. Perciò, la riproduzione del dolore dalle strutture cervicali superiori può essere una importante e ancora sottovalutata caratteristica dell’emicrania. Nonostante la classificazione IHS (International Headache Society) sia stata riconosciuta come la più importante negli ultimi anni, molti pazienti con cefalea possono presentare caratteristiche miste che rendono difficile la loro classificazione, specialmente in caso di cefalea tensiva ed emicrania. Esistono delle connessioni neuroanatomiche peculiari tra il rachide cervicale superiore e la testa. In ciò i disordini cervicali sono in grado di stressare al massimo il sistema nervoso centrale. Questo cosa significa? Che il sistema nervoso di una persona con emicrania , già per natura sensibile, può divenire ipersensibile ed ipereccitabile a causa del disordine cervicale. In questo modo il cervello può cominciare ad interpretare in modo esagerato ed anomalo qualsiasi stimolo (aria condizionata, bicchiere di vino, fonti di luce, profumi intensi, ciclo mestruale, rumori…) e innescare reazioni che producono l’esperienza dolorosa del mal di testa. Se trattiamo una componente legata al mal di testa, per esempio il collo, è probabile che gli episodi di cefalea diminuiscano, non perché abbiamo trattato la causa, ma perché abbiamo tolto uno dei fattori predisponenti (come possono essere anche stress emotivo, fattori genetici, tipologia di attività lavorativa, abitudini di vita, storia di traumi, patologie coesistenti, abitudini alimentari, sonno irregolare, aumento del carico mentale ecc…), in questo caso il collo.

Per questi motivi ogni persona che soffre di emicrania ha il diritto e deve ricevere un’accurata valutazione del rachide cervicale, soprattutto quando lamenta dolori e rigidità del collo prima, durante o dopo gli attacchi di cefalea. Risolvere i disordini cervicali latenti può migliorare notevolmente l’andamento dell’emicrania. In quanto ad epidemiologia la cefalea è davvero una problematica diffusa tanto quanto il mal di schiena ed oramai mi sento di dire che il fisioterapista ha la possibilità e le competenze di trattare la prima con la stessa professionalità con cui gestisce la seconda. Continuare a provare diverse soluzioni terapeutiche perché “tanto male non fa” è un concetto che al giorno d’oggi andrebbe abolito: ogni terapia (medica o non) cui il paziente si sottopone, se non risolutiva, rafforza in lui il concetto che “non guarirò mai”.

VALUTAZIONE E TRATTAMENTO MANUALE

La Terapia Manuale o Manipolativa è una branca specialistica della riabilitazione neuro-muscolo-scheletrica moderna.  La certificazione internazionale di “terapista manuale o manipolativo”  si consegue attraverso percorsi formativi privati o universitari e sono garanzia di un alto livello di capacità cliniche e terapie riabilitative. La terapia manuale comprende l’insieme delle migliori tecniche di valutazione, trattamento e mantenimento, senza farmaci, utilizzate a livello internazionale. L’approccio terapeutico che abbiamo utilizzato per il mal di testa fino ad oggi era efficace ma spesso il risultato non era duraturo, motivo che mi ha spinto a frequentare diversi corsi per cercare risposte che potessero aiutarmi nella pratica clinica quotidiana. Tra le varie proposte terapeutiche più recenti “l’approccio Watson” del dottor Dean Watson l’abbiamo ritenuto rivoluzionario.

Una delle prime domande provocatorie che il dottor Watson propone è: “perché un mal di testa UNILATERALE dovrebbe essere acceso da un bicchiere di vino bianco?” I solfiti viaggiano nel circolo sanguigno in tutto il corpo. Gli elementi che spesso scatenano l’emicrania sono sistemici: ormoni, cibo, stress, luci, rumori, odori. La cefalea, primaria e secondaria, di contro è spesso unilaterale alternante. Il modello medico della cefalea non può spiegare la cefalea unilaterale alternante e circa l’80% della cefalee alternano. Il dottorato di ricerca del dottor Watson ha dimostrato come il lato predominante della cefalea è direttamente correlato all’orientamento della seconda vertebra cervicale, C2. Sempre più studi sostengono che le cefalee primarie (emicrania, cefalea tensiva, cefalea a grappolo ecc..) risultino da una sensibilizzazione del nucleo trigemino-cervicale, che da come dice il nome stesso, riceve informazioni provenienti dai primi 3 segmenti cervicali. Lo scopo del metodo Watson è dunque quello di individuare l’origine esatta delle informazioni provenienti dai nervi spinali delle prime tre vertebre cervicali, che determinano e sostengono il quadro di cefalea o emicrania.

Un elemento fondamentale della valutazione è la capacità dell’operatore di riprodurre esattamente il mal di testa del paziente, sia qualitativamente che come localizzazione. Nel giro di circa un minuto il mal di testa evocato scompare completamente. Questa caratteristica di “riproduzione e risoluzione” è stata oggetto di studi recenti, che hanno validato il trattamento del sistema muscolo-scheletrico per desensibilizzare un tronco encefalico sensibilizzato.

I medici di medicina generale dovrebbe essere a conoscenza dell’utilizzo di questa modalità di approccio terapeutico così popolare, in modo da facilitare la sicurezza, l’efficacia e la coordinazione del piano di cura. Nonostante i dati disponibili in letteratura siano limitati e con delle considerevoli limitazioni metodologiche, l’utilizzo della terapia manuale sembra essere l’approccio non farmacologico più utilizzato per la gestione dei mal di testa ricorrenti. La ragione più comune per questo tipo di scelta è la ricerca di sollievo dal dolore.  Anche le raccomandazioni della European Federation of Neurological Societies indicano che l’utilizzo di approcci non farmacologici, avendo meno effetti collaterali rispetto alle terapie farmacologiche possono costituire una valida soluzione terapeutica per pazienti con cefalea. Purtroppo, gran parte della medicina tradizionale continua ancora a conferire loro poca importanza, o a ignorare tali disordini cervicali, etichettandoli sempre e solo come “una conseguenza” della cefalea primaria. E’ necessario cambiare questa cultura, promuovere la multidisciplinarietà, e fare buona e nuova informazione:  le persone con emicrania o cefalea di tipo tensivo soffrono anche, e spesso, di disordini cervicali o mandibolari che possono influenzare negativamente l’andamento delle loro cefalee.  

CI SONO CONTROINDICAZIONI AL TRATTAMENTO MANUALE?

La gestione non farmacologica ha il vantaggio di avere pochi eventi avversi, senza alcun pericolo e di non avere gli effetti collaterali tipici del farmaco.

Nessun partecipante nei recenti studi scientifici eseguiti ha avuto episodi di emicrania per almeno 48 ore dalla valutazione secondo il concetto della Watson Headache Society.

APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE

Sembra già molto complicato così, e invece non è finita qui. Se è vero che mi aspetto di ottenere velocemente buoni risultati a breve termine con la terapia manuale è altrettanto vero che è poco probabile mantenere il risultato senza pensare a dettagli fondamentali come questi:

  • La borsetta o la spallina del reggiseno che portano la spalla in anteposizione creando alterazione delle forze di carico sui segmenti cervicali superiori;
  • l’antepulsione del capo davanti al computer (legata ad un atteggiamento posturale o ad un peggioramento della vista);
  • l’aumento dell’ipercifosi toracica che costringe all’estensione del segmento cervicale alto, che comprime tutto il giorno il nervo di Arnold, per mantenere lo sguardo orizzontale;
  • considerare delle ergonomie su misura alternative per chi pittura soffitti, per chi fa le pulizie, per le neo mamme che allattano (spesso il mal di testa si accende proprio dopo essere state nella posizione dell’allattamento), per chi studia molte ore al giorno (per esempio utilizzando un leggio), e potrei continuare con altri infiniti esempi;
  • valutare il modo di correre dell’atleta che ad ogni passo cede in estensione disfunzionale della cervicale alta;
  • rigidità dell’articolazione temporo-mandibolare o trigger point dei muscoli masticatori e scoprire che da 3 mesi, a seguito di un problema odontoiatrico, la persona mastica solamente da un lato
  • disfunzione della coordinazione motoria degli occhi o riduzione della propriocezione cervicale
  • discinesia dell’articolazione scapolo-toracica durante i gesti di elevazione degli arti superiori oltre i 90°;
  • evitare di addormentarsi sul divano con la testa appesa tutte le sere;
  • non portare, soprattutto in fase acuta, i capelli lunghi raccolti e bagnati (peso sulla testa), pensiamo alle donne a cui passa il mal di testa quando si slacciano la coda di cavallo;
  • debolezza o deficit dello schema motorio dei muscoli stabilizzatori locali flessori od estensori del rachide cervicale;
  • trigger point dei muscoli temporale, sternocleidomastoideo, sub-occipitali, trapezio superiore, elevatore della scapola, solo per citare i più frequenti muscoli portatori di trigger in pazienti con mal di testa.

Potrei continuare con una lista di particolari molto lunga, in ogni paziente con “mal di testa” i dettagli da curare sono molti e molto differenti da un altro paziente con un “mal di testa” simile. Tutti questi elementi appartengono alla nostra quotidianità, siamo abituati a ragionare sulle mille variabili che possono influenzare il sintomo della persona che chiede il nostro aiuto. Sembra già molto complicato così, e invece non è finita qui. Nel processo di cura è altrettanto importante considerare il ruolo co-causativo o contributivo delle principali comorbidità o disordini associati come per esempio: disordini del sonno e deficit di recupero, deficit nutrizionali, regimi alimentari scorretti, dis-stress psico-emotivi, stile di vita, altre patologie (metaboliche, vascolari, neurologiche).

Anche dieta e attività fisica rappresentano due importantissimi aspetti da considerare. Nel dolore cronico l’attività fisica aerobica su base regolare è una strategia per attivare l’inibizione discendente del dolore. Acquisizioni recenti (studio presentato al XVIII Congresso 2017 della International Headache Society tenutosi a Vancouver, pubblicato nel 2018) sostengono però che per ridurre la frequenza delle crisi di emicrania, la tipologia di allenamento più indicata sia l’HIIT (High-Intensity Interval Training) rispetto ad attività moderate come jogging, ciclismo e nuoto.

 Non spetta sicuramente a noi fisioterapisti fornire diete e consigli nutrizionali, ma possiamo aiutare a rendere il paziente cosciente di situazioni sistemiche infiammatorie di basso grado sostenute da regimi alimentari non bilanciati e quindi portare all’attenzione del paziente l’utilità di un aiuto professionale in tale ambito. Regimi alimentari a basso indice glicemico, diete chetogenetiche o VLCD (Very Low Carbohydrate Diet), rappresentano tutte situazioni verso le quali il paziente non ha dimestichezza, ma la letteratura dimostra essere efficaci nella gestione del mal di testa cronico, soprattutto in pazienti obesi.

Tanti professionisti (biologi, nutrizionisti, dietisti, dietologi) cui un paziente con problema cronico arriva a rivolgersi, non sono in grado di gestire questo tipo di situazione o non riescono ad ammettere di non avere le conoscenze necessarie per fronteggiarla. Il paziente finisce così per non vedere risolto il proprio problema e inizia a rimbalzare tra una miriade di figure, cercando , sempre più disperatamente , qualcuno che capisca ciò che lui sente, ma a cui non sa dare un nome. Con ciò spesso il paziente finisce per credere di essere lui stesso il problema. Il fisioterapista è una delle poche figure sanitarie in grado di avere una visione così ampia del problema del paziente da poterlo aiutare e, di conseguenza, indirizzandolo verso il professionista più adeguato.

CONCLUSIONI

Il mal di testa è una problematica complessa che può essere affrontata solamente se il fisioterapista ha seguito un percorso di specializzazione sul trattamento della stessa. Richiede preparazione ed esperienza clinica. In questi anni abbiamo seguito più di 1000 pazienti con forme miste di mal di testa, con risultati soddisfacenti nell’80% della popolazione. Utilizziamo vari tipi di tecniche ma a differenza del passato il “metodo Watson” ci ha permesso di dare maggiore stabilità nel tempo ai risultati clinici ottenuti. I trattamenti richiesti per avere un cambiamento terapeutico variano tra i 4 e i 5 trattamenti manuali in media. Queste sono le sedute con cui mi aspetto di vedere un importante miglioramento, sia in termini di intensità del mal di testa, ma soprattutto in termini di frequenza e durata degli episodi. Fondamentale ricordare che il mio approccio non punta ad escludere la collaborazione con altre figure come neurologi, ricercatori nell’ambito della nutrizione e medici di base. Come fisioterapista ho quindi l’obiettivo di aiutare il paziente con emicrania o mal di testa non solo trattandolo ma anche indirizzandolo verso figure competenti in modo da fornirgli una rete di aiuto efficace ed efficiente che non lo porti a sentirsi disperso in un mare di proposte terapeutiche disorientanti e senza evidenza di efficacia.

Dott. Andrea Pagotto

LO STAFF DI FISIOTERAPIA MULE’

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